Perchè i dervisci pregano?

piccolabasmalah

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Allah ci invita a pregare perché questo è il nostro servizio. Per avvicinarsi al Re, bisogna servirlo.
Quando arriva il momento della preghiera i dervisci si allineano in file serrate, spalla a spalla, uno accanto all’altro. Allora la propria storia personale non hanno più importanza e si sentono tutti uguali.

È come in guerra: quello che conta è la missione comune, servire il piano più grande, non importa come ci si sente, i propri problemi personali non hanno spazio.

Quando si è in fila è più facile percepire l’Assoluto. Si avverte più chiaramente l’esistenza di un ordine superiore del quale siamo parte.

Pregare ci permette di ricevere l’amore divino per guarire l’anima. La preghiera ha a che fare con la realtà.

Per sapere è necessario entrare in contatto con chi sa, non con chi crede: chi sa è il re, chi ha solo il credo, è un fanatico.

Nella tradizione diciamo che è settanta volte meglio pregare in comunità. L’Islam ci assembla, ci mette insieme. Tutti gli uomini, e le donne se possono farlo, sono invitati a riunirsi il venerdì per jummah, la preghiera comunitaria. «Colui che riunisce», Jami, è uno dei Nomi divini.

L’ego invece vuole sempre isolarsi, incoronarsi, separarsi dagli altri. Questo è il suo programma.
La preghiera dona la pace di essere insieme, di far parte dello stesso corpo che si muove in un solo movimento culminante nella prostrazione.
Inchinarsi insieme agli altri porta la riconciliazione.

La preghiera ci permette di entrare in intimità con la nostra vera natura. Ci rende umani.

Inchinandosi si entra in contatto con la volontà divina che diventa udibile.

Il mondo celeste ci guarda costantemente e ci cerca; se siamo avvolti dal manto del nostro mondo psichico, e pensiamo sempre e solo ai nostri problemi, risultiamo invisibile al mondo spirituale che non può individuarci e contattarci.

L’atto del pregare ci mette allo scoperto, ci inserisce nella posizione corretta e nell’ordine.

Allora siamo raggiunti da un raggio divino che ci conferisce realtà e fa brillare la nostra anima; discende su di noi una forza sottile e una protezione.
Ci innalziamo come stelle dall’oscurità psichica, ed entriamo nel movimento divino.

Preghiamo perché Dio ci invita a farlo, ma la nostra preghiera non serve a Dio. Lui ha tutto. Cosa gli potremmo dare? Non aumentiamo la sua felicità se preghiamo, né la diminuiamo se non preghiamo.

Lui è il Padre e vuole dare ogni cosa ai suoi figli, ma siccome Lui è l’obiettivo ultimo, e non esiste altro che Lui, è a Lui che dobbiamo rivolgerci in preghiera.

Nelle preghiere è difficile pensare ma anche se capita di correre dietro ai propri pensieri, non importa. Fissare con lo sguardo il punto su cui la testa poggerà nella prostrazione rafforza la forza di volontà e riduce le distrazioni.

I maestri ci invitano a imitare il comportamento degli angeli in merito alle preghiere; vale a dire a ricevere l’ordine e ad eseguirlo.
La preghiera è il cibo quotidiano per la nostra anima.

Mantenere quotidianamente una disciplina indebolisce l’ego; pregare fa parte del Lavoro. È una delle attività dell’anima.