La storia del cavallo

piccolabasmalah32C’era una volta uno Sheikh cui piacevano i cavalli. Ne possedeva uno bellissimo, molto raro e prezioso, che gli era stato lasciato dal suo maestro. Per averlo alcuni sovrani gli avevano offerto immense fortune, ma lo Sheikh, che gli era molto affezionato, declinava sempre rispondendo: «Potrei mai vendere un fratello, o un amico?».

Una volta andò a trovarlo un famoso fotografo occidentale, che si trattenne per alcuni giorni alla residenza del maestro. Era anche lui un appassionato di cavalli, e quando vide quel meraviglioso animale ne restò abbagliato. Proprio in quei giorni lo Sheikh sarebbe dovuto partire per un viaggio, allora andò dal suo ospite e gli disse: «Ho notato che passi ore e ore a rimirare il mio cavallo, perché non ti prendi cura di lui mentre sono via e non lo cavalchi un po’ per me? Sai, va fatto correre ogni giorno». Il fotografo ringraziò sentitamente per l’opportunità e la fiducia. La mattina seguente di buon’ora sellò il cavallo e, preso dalla gioia, cavalcò per le colline circostanti tutto il giorno.

La sera si prese cura del cavallo, ma forse non gli asciugò bene il sudore o la notte fu semplicemente troppo fredda, fatto sta che il giorno dopo, quando andò di nuovo a sellarlo per un’altra passeggiata, constatò che il povero animale era morto per la febbre. Si disperò, non seppe darsi pace, ma non poté far altro che aspettare il rientro dello Sheikh per spiegargli l’accaduto. Il maestro tornò, e com’era sua abitudine andò subito a visitare il cavallo, ma non lo vide nella stalla e allora andò dal fotografo per chiedergli notizie. Questi non sapeva come dirglielo, ma alla fine vuotò il sacco. Lo Sheikh rispose: «Ah, capisco. Ma non ti devi dispiacere. Per cosa poi? Per quel cavallo? No, non ti preoccupare, non significava nulla per me, era vecchio e stavo giusto pensando di darlo via. Non fa niente. Siediti, posso versarti del tè?».

L’insegnamento

Questa storia insegna molte cose. La prima è che nulla è permanente, nulla dura in eterno, questa è la verità. Un altro aspetto importante è il valore del perdono, che è un atto di encomiabile misericordia e ci aiuta a salire di livello. Un’altra cosa ancora è l’importanza di porre se stessi in basso, in posizione umile, e puntare diritto al cuore dell’altro per cercare di elevarlo.

Così si procede nella via Sufi: il maestro non ha bisogno di prendere distanza o perdonarti, anzi pensa prima di tutto al dolore che puoi provare per avergli causato un dispiacere. Si dimentica di sè e si adopera con ogni mezzo per sollevare il tuo cuore. Questo è amore.