Quando si intraprende un cammino spirituale, all’inizio la teologia può confondere. In verità, tutte la teologie sono un po’ folli, perché sono opera dall’uomo. Lo dice la parola stessa: deriva dal greco theos, Dio, e logos, discorso.
Quindi è l’indagine umana, il sapere speculativo in merito a Dio. Cercare di applicare la logica umana per capire e spiegare Dio è già in partenza un tentativo destinato al fallimento.
Dio non è logico e non può essere spiegato. Se non andasse ben oltre la comprensione della nostra mente non sarebbe Dio.
Guardiamo alla storia di Adamo ed Eva: se la prendiamo letteralmente così come è stata descritta, può sembrare un’opera teatrale. Sicuramente è vera, ma come si è svolta, non è dato a noi capirlo.
La tradizione va rispettata, ma la teologia non va presa troppo sul serio.
La discussione entra in gioco quando non si sa, non si può vedere e si ha solo un’opinione in merito. Ma le opinioni non bastano. Nella tradizione diciamo: se discuti hai perso.
Difendere un’opinione significa discutere. Solo quando ci si incontra nel cuore la discussione cessa.
Un maestro vero invita sempre il discepolo non a credere a quello che dice, ma a controllare di persona, a toccare, sperimentare, assaporare da sé. Solo allora diventa vero per lui e solo allora può incontrare chi ne ha fatto esperienza come lui: perché avranno lo stesso linguaggio e parleranno delle stesse cose che hanno visto.
Si inizia volendo lo Sheikh, poi si capisce che si deve volere quello che vuole lo Sheikh.
Se solo lo Sheikh è in grado di vedere e i discepoli no, dove è la gioia? La gioia più grande è essere insieme, nella condivisione, fondersi gli uni negli altri.
Se mettiamo due luci nella stessa stanza, che lo vogliamo o no, esse si fondono.
Ogni profeta ci invita al suo maqam, alla sua stazione spirituale. Accetta l’invito.
Se metti la pratica al centro della tua vita, allora l’intero mondo cambierà. Tu cambierai l’intero mondo.
Non cercare sollievo nel credo, vai oltre, cerca la verità che porta la trasformazione.
